I laghi sacri del Tibet: suggestive luci e straordinari colori oltre le nuvole dell’Himalaya

laghi sacri del tibet

Immersi nell’immenso tetto del mondo, i laghi sacri del Tibet si offrono come scenari in cui bellezza paesaggistica e dimensione spirituale si fondono in modo inscindibile. A oltre 4 400 metri di quota, questi specchi d’acqua mostrano tonalità che spaziano dal turchese più vivido allo smeraldo intenso, contornate da una natura primordiale che invita al raccoglimento interiore e all’ascolto di sé. Le loro sponde, sorvegliate da catene montuose perennemente innevate, sono meta di pellegrini e viaggiatori. Qui, iscrizioni votive, simboli religiosi e usanze tramandate nei secoli restituiscono una memoria viva, capace di accendere devozione e stupore in chiunque si avvicini a queste acque.

I tre principali laghi sacri del Tibet

Namtso
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Posto a circa 4 718 metri, il Lago Namtso è tra gli specchi d’acqua salati d’alta quota più celebri del Tibet. Il soprannome di “Lago Celeste” richiama la luminosità delle sue acque, che nei giorni limpidi assumono sfumature cangianti dal turchese al blu profondo. La vastità della conca lacustre, incorniciata da rilievi innevati e da ampi pascoli, crea un paesaggio essenziale e severo, in cui l’orizzonte sembra dilatarsi all’infinito.

In estate, quando i passi sono più praticabili, i pellegrini compiono la kora, un lungo percorso devozionale di circa cento chilometri che abbraccia il perimetro del lago. In alcuni tratti lambisce piccole isole o promontori rocciosi che ospitano bandiere di preghiera e semplici luoghi di sosta. La pratica della circumambulazione, compiuta in senso orario, invita alla meditazione del respiro e del passo, fino a trasformare il cammino in rito interiore.

Il carattere salmastro e l’isolamento dell’area hanno preservato un ambiente quasi primordiale. La vegetazione è rada, ma sufficiente a sostenere i pascoli stagionali e a offrire riparo alla fauna d’alta quota. La luce, particolarmente incisa a queste altitudini, muta repentinamente con il passare delle ore e delle stagioni. Al tramonto il lago si fa specchio metallico, mentre in primavera e in autunno il vento increspa la superficie, dissolvendo i riflessi delle cime.

Lago Yamdrok: il “Lago di Giada”

Lago-Yamdrok
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Disteso a circa 4 441 metri, il Lago Yamdrok si dispiega in una forma articolata, con insenature e bracci che ne esaltano il colore cangiante. Con una superficie superiore ai seicento chilometri quadrati, è alimentato da ruscelli e impluvi di alta montagna che, nelle giornate terse, riflettono le cime innevate all’orizzonte. L’appellativo di “Lago di Giada” deriva dalle tonalità lattiginose e turchesi che, a seconda dell’angolo di luce e della stagione, sembrano velare l’acqua come una pietra semipreziosa.

Secondo la tradizione, il lago sarebbe manifestazione di una divinità femminile. Da qui l’uso devozionale di offrire preghiere lungo i promontori e di annodare strisce di tessuto ai pali votivi, come auspicio di protezione e buon passaggio. Pellegrini e viaggiatori sostano sulle alture circostanti per contemplare l’insieme di acqua, ghiaccio e pascoli, un mosaico naturale che alterna colori tenui e improvvise accensioni di luce.

Il Yamdrok invita a un’osservazione lenta. All’alba le rive assumono tinte fredde, mentre a mezzogiorno le acque si fanno più chiare e consistenti, quasi lattiginose. Nelle ore pomeridiane la profondità del colore aumenta, e i rilievi, specchiandosi, disegnano figure mutevoli sulla superficie. Il perimetro irregolare moltiplica i punti di vista: baie riparate, alture erbose, gradoni morenici. È un lago che offre al cammino una struttura naturale: curve, rientranze e dorsali scandiscono il passo e invitano a leggere il paesaggio come un testo stratificato, in cui la geografia dialoga con i gesti della devozione.

Lago Manasarovar: alle falde del Monte Kailash

Lago Manasarovar
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Situato a circa 4 588 metri, il Lago Manasarovar sorge ai piedi del Monte Kailash, luogo ritenuto sacro nel Buddhismo, nell’Induismo e nella religione Bon. Qui l’acqua è dolce e tradizionalmente considerata purificante. Immergere le mani, aspergersi il viso o bere piccoli sorsi fa parte di gesti rituali che i pellegrini compiono prima di intraprendere la kora del Kailash. Il legame tra lago e montagna è indissolubile. La circumambulazione del massiccio inizia spesso dal perimetro lacustre, come a riconoscere nell’acqua il principio generativo del viaggio spirituale.

Il Manasarovar si presenta come una vasta distesa dalla cromia mutevole, capace di passare dall’azzurro pallido alle tonalità più intense quando il cielo si fa terso. Le rive sono punteggiate da semplici eremi, sassi incisi e piccole strutture votive: segni discreti che testimoniano una frequentazione antica e una memoria condivisa fra comunità diverse. L’ampiezza del bacino, unita all’aria sottile, crea un senso di sospensione: i suoni si attenuano, i contorni appaiono netti e il cammino lungo le sponde assume il ritmo di una liturgia.

Per molti viandanti, l’incontro con il Manasarovar coincide con un rito di rinnovamento: l’acqua, percepita come sorgente di purezza e chiarezza, diventa simbolo di passaggio. Il paesaggio, severo ma ospitale, favorisce il raccoglimento; la vista del Kailash che si staglia oltre la riva restituisce la misura di un pellegrinaggio che è insieme geografico e interiore, fatto di passi misurati, silenzi e sguardi lunghi.

Altri laghi minori ma di grande importanza spirituale

Lhamo La-tso
Lhamo La-tso

A 5 300 metri di quota, Lhamo La-tso è un piccolo bacino che esercita un’influenza simbolica enorme. Il nome richiama Palden Lhamo, divinità protettrice del Tibet, alla quale il luogo è consacrato. La forma allungata, le acque scure e l’anfiteatro di rocce brulle che lo circonda creano un’atmosfera di raccoglimento severo: qui l’essenzialità del paesaggio diventa parte dell’esperienza devozionale.

Per tradizione, i lama vi si recano in meditazione alla ricerca di segni e visioni legati alla successione del Dalai Lama. Il rito prevede silenzio, osservazione paziente e lettura dei riflessi sull’acqua, che a queste altitudini mutano con rapidità in base alla luce e al vento. La pratica non ha il carattere spettacolare di un pellegrinaggio di massa: è piuttosto un cammino interiore, scandito da gesti sobri e da tempi dilatati.

Tangra Yumco: la grande sacralità Bon

Tangra Yumco
Tangra Yumco

Tangra Yumco, a 4 528 metri, è uno dei laghi salati più vasti dell’altopiano, con una superficie che supera gli 800 chilometri quadrati. Il suo nome significa “lago sacro” e rimanda direttamente alla centralità che riveste nella religione Bon, la più antica tradizione spirituale dell’area tibetana. La linea di costa irregolare, le baie profonde e l’alternanza di promontori e piane salmastre formano un mosaico naturale che invita alla circumambulazione rituale.

I fedeli Bon si avvicinano al lago per offrire preghiere, legare bandiere votive e depositare piccoli cumuli di pietre, testimonianza di passaggi ripetuti nei secoli. La salinità dell’acqua, l’aria tersa e la vastità dell’orizzonte restituiscono un senso di antichità geologica che rinforza l’idea di un paesaggio “originario”. In questo contesto, la devozione assume spesso la forma di un cammino lento lungo le sponde, con soste presso sporgenze rocciose o rilievi che fungono da punti di meditazione.

Tangra Yumco ha anche un interesse storico-religioso particolare. Qui il tessuto delle credenze pre-buddhiste si intreccia con pratiche successivamente confluite nel Buddhismo tibetano. Il pellegrino incontra così un patrimonio di simboli che raccontano la continuità delle tradizioni e il loro adattarsi al tempo e alle comunità locali.

Sijin Latso: il lago della ricchezza e dell’ospitalità

Sijin Latso
Sijin Latso

Collocato a circa 4 500 metri, nei pressi dell’arteria che conduce a Lhasa, Sijin Latso è un lago meno noto al turismo internazionale ma custodito con affetto dalle comunità del territorio. È associato alla figura del “Re Drago”, custode di prosperità e buon auspicio. Per questo viene considerato un “lago della ricchezza e dell’ospitalità”. Le acque limpide riflettono nitidamente le creste circostanti, restituendo nelle ore centrali del giorno un colore quasi vitreo.

La devozione qui si esprime in forme quotidiane. Offerte semplici, gesti di accoglienza ai viandanti, piccoli riti stagionali legati al raccolto e alla protezione delle greggi. L’ambiente naturale, relativamente più vario rispetto ad altri bacini d’alta quota, ospita specie vegetali e faunistiche tipiche dell’area tibetana. Per chi osserva con attenzione, la riva diventa un’aula all’aperto in cui leggere l’adattamento della vita alle condizioni estreme.

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Visitare i laghi sacri del Tibet: informazioni pratiche

Visitare i laghi sacri del Tibet
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Visitare il Tibet richiede permessi speciali oltre al visto cinese. È importante organizzare il viaggio con largo anticipo (almeno 4-6 settimane) poiché le procedure burocratiche richiedono tempo e i permessi vengono rilasciati solo tramite operatori locali riconosciuti. Gli itinerari verso i laghi si svolgono prevalentemente su strade d’alta quota, spesso sterrate e soggette a variazioni stagionali. Da Lhasa, capitale del Tibet, si parte per la maggior parte delle escursioni:

  • Yamdrok dista circa 100 km (3-4 ore di auto).
  • Namtso si raggiunge in circa 5 ore (250 km), attraversando passi oltre i 5 000 metri.
  • Manasarovar è molto più lontano (oltre 1 200 km), e si include di solito in un viaggio di più giorni verso il Monte Kailash.

È obbligatorio viaggiare con una guida locale: gli spostamenti autonomi non sono consentiti agli stranieri.

Acclimatazione e salute

Le altitudini elevate rappresentano una delle principali sfide del viaggio. È consigliato sostare a Lhasa almeno due o tre giorni prima di intraprendere escursioni oltre i 4 000 metri, per permettere al corpo di acclimatarsi. Bere molta acqua, evitare alcolici e movimenti bruschi riduce il rischio di mal di montagna (altitude sickness).

Portare con sé medicinali di base, ossigeno portatile e abbigliamento a strati è fondamentale: le escursioni termiche tra giorno e notte possono superare i 25 °C. L’esposizione solare è intensa: occhiali da sole, cappello e crema ad alta protezione sono indispensabili.

Alloggi e servizi

Nelle aree di Lhasa, Shigatse e Gyantse esistono hotel e guesthouse di buon livello, ma nelle zone dei laghi l’ospitalità è più semplice. Attorno al Manasarovar e al Kailash si trovano monasteri e ostelli per pellegrini, spesso privi di comfort moderni ma dotati dell’essenziale. Presso il Namtso e lo Yamdrok sono presenti campi turistici stagionali e piccoli villaggi con tende o lodge tradizionali.

L’elettricità può essere limitata; conviene portare power bank e torce. Nei siti più remoti l’approvvigionamento di cibo è essenziale: conviene avere con sé scorte leggere e facili da conservare (frutta secca, tè, biscotti, zuppe istantanee).

Rispetto dei luoghi sacri e delle tradizioni

I laghi sacri del Tibet non sono solo mete naturali ma spazi spirituali profondamente venerati.

  • Evitare rumori, droni o comportamenti invadenti nei pressi dei monasteri e dei pellegrini.
  • Non toccare né rimuovere bandiere di preghiera, pietre votive o offerte.
  • Durante la kora (circumambulazione rituale) si cammina in senso orario, mantenendo un atteggiamento di rispetto e silenzio.
  • Fotografie di monaci o fedeli devono essere richieste con cortesia.
  • Un comportamento discreto e consapevole è la forma più autentica di partecipazione spirituale per il visitatore.

Laghi sacri del Tibet mappa

Laghi sacri del Tibet mappa

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