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Vita di Caterina Sforza: passioni, intrighi e accuse di stregoneria

Vita di Caterina Sforza
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La vita di Caterina Sforza attraversa le vicende più oscure e affascinanti del Rinascimento italiano. Una vita segnata da amori tormentati, tradimenti, accuse di stregoneria e un’insaziabile curiosità per l’alchimia. Questo articolo esplora le tappe salienti della sua esistenza, dal potere alla rovina, dall’ascendente influenza politica fino agli ultimi anni trascorsi in isolamento a Firenze. Una vita vissuta al limite, sospesa tra la figura della donna fatale e quella della vittima di un’epoca dominata dagli uomini.

La vita di Caterina Sforza

Caterina Sforza (1463-1509) fu una delle figure femminili più affascinanti e controverse del Rinascimento italiano. Nata a Milano come figlia illegittima di Galeazzo Maria Sforza, duca di Milano, e Lucrezia Landriani, crebbe circondata dagli intrighi politici e dalle ambizioni familiari. La sua vita, segnata da matrimoni strategici e da una straordinaria forza d’animo, la rese una figura emblematica di coraggio e astuzia politica.

Infanzia e giovinezza di Caterina Sforza

Caterina Sforza nacque a Milano nel 1463, figlia illegittima di Galeazzo Maria Sforza e della sua amante Lucrezia Landriani. Nonostante la sua nascita irregolare, Caterina fu accolta alla corte sforzesca e ricevette un’educazione raffinata, incentrata sulle lettere, l’arte della diplomazia e la strategia militare. Da bambina, assistette agli intrighi e agli scontri di potere che caratterizzavano la corte milanese, osservando da vicino la ferocia e l’astuzia del padre, noto per il suo temperamento violento. Queste esperienze plasmarono il suo carattere, rendendola temprata e astuta.

Nel 1473, all’età di dieci anni, fu promessa in sposa a Girolamo Riario, nipote di papa Sisto IV. L’accordo fu orchestrato da Galeazzo Maria Sforza, che intendeva consolidare un’alleanza strategica con il papato. Caterina fu così allontanata da Milano per iniziare una nuova vita a Roma, un ambiente che avrebbe segnato profondamente la sua giovinezza.

Il primo periodo a Roma

Giunta a Roma, Caterina entrò a far parte della corte papale, un luogo intriso di complotti, corruzione e ambizioni senza scrupoli. Con il matrimonio, Caterina Sforza divenne anche signora di Imola e Forlì. A Roma, Caterina affinò ulteriormente le sue capacità diplomatiche, imparando a destreggiarsi tra le fazioni rivali e a sfruttare le sue relazioni familiari per consolidare il potere.

Durante il suo soggiorno romano, Caterina iniziò a interessarsi all’alchimia, una passione che avrebbe coltivato per tutta la vita. Studiò erbe, pozioni e antidoti, un interesse che le avrebbe procurato fama e sospetti, contribuendo all’immagine ambigua di donna potente e misteriosa.

Periodo di Forlì e Imola

Caterina Sforza e girolamo riario
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Dopo la guerra civile a Roma condotta dal Riario nel 1483 e la morte di papa Sisto IV nel 1484, Girolamo Riario perse il sostegno papale con l’elezione di un pontefice a loro avverso: Innocenzo VIII, al secolo Giovanni Battista Cybo. Riario dovette affrontare le crescenti tensioni politiche a Forlì e Imola. Caterina, ormai esperta nelle dinamiche del potere, assunse un ruolo centrale nella gestione dei domini familiari, dimostrando abilità strategica e risolutezza. Intanto, Caterina diede alla luce due figli: Giovanni Livio, nato il 30 ottobre 1484, e Galeazzo Maria, nato il 18 dicembre 1485, a cui fu dato il nome del nonno materno.

Nel 1488,  seguito del forte malcontento a Forlì, Girolamo Riario fu assassinato dai congiurati Orsi, nobile famiglia forlivese. Si trattò di un evento che avrebbe cambiato radicalmente il destino di Caterina. Reagì con estrema determinazione, barricandosi nella Rocca di Ravaldino e rifiutandosi di cedere il potere ai ribelli. Questo episodio consolidò la sua reputazione di donna indomita e guerriera, disposta a combattere fino all’ultimo per difendere i propri figli e i propri territori.

L’astuzia di Caterina e la difesa di Ravaldino

caterina sforza
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Dopo la congiura ordita dai fratelli Orsi, il Consiglio del Magistrato di Forlì si riunì per decidere il destino della città. Bisognava però trattare con cautela Caterina Sforza per evitare rappresaglie dal Ducato di Milano. Gli Orsi cercarono di costringere Caterina a convincere il castellano Tommaso Feo a cedere la rocca di Ravaldino, minacciando di ucciderla. Caterina, astuta, finse di convincere Feo ma questi, seguendo gli ordini della Sforza, rifiutò categoricamente. Gli Orsi fecero prigionieri Caterina e i suoi figli.

Nonostante ciò, Caterina orchestrò un piano per riprendere il controllo della rocca. Vi riuscì con l’inganno e ordinò di puntare i cannoni contro i principali edifici cittadini, minacciando di distruggere Forlì se i suoi figli fossero stati toccati. Nacque una leggenda legata a questo episodio. Si racconta che, quando gli Orsi minacciarono di uccidere i suoi figli, Caterina, dalle mura della rocca, si sollevò le gonne mostrando il pube e gridò: «Fatelo pure! Qui ho quanto basta per farne altri!».

L’ascesa al potere e la vendetta di Caterina

Il 30 aprile 1488, Caterina Sforza assunse il governo di Forlì in nome del figlio Ottaviano, troppo giovane per regnare autonomamente. Il suo primo atto di governo fu la vendetta per l’assassinio del marito Girolamo Riario. Ordinò l’arresto di tutti i sospettati, i generali pontifici e i membri della famiglia Orsi, compresi donne e bambini. Le case dei cospiratori furono rase al suolo e i beni confiscati distribuiti ai poveri.

Il 30 luglio, papa Innocenzo VIII confermò Ottaviano come legittimo Signore di Forlì, mentre il cardinale Raffaele Riario giunse in città per controllare il potere di Caterina. Nonostante le ingerenze, Caterina consolidò il proprio governo, gestendo personalmente ogni aspetto dello Stato. La sua attenzione al dettaglio e il suo spirito pragmatico le valsero il rispetto dei sudditi.

La passione per l’alchimia e le accuse di stregoneria

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Nel periodo successivo alla morte di Girolamo, Caterina approfondì il suo interesse per l’alchimia, circondandosi di studiosi e alchimisti. Allestì un laboratorio segreto a Forlì, dove studiava erbe, minerali e composti chimici, nel tentativo di scoprire elisir e antidoti. Questa attività, però, le valse l’accusa di stregoneria.

I suoi nemici politici alimentarono le voci sul suo presunto uso di pozioni e veleni, dipingendola come una donna oscura e pericolosa. Sebbene non fu mai formalmente processata per stregoneria, Caterina visse sotto costante sorveglianza e le sue pratiche alchemiche furono spesso interpretate come atti di magia nera.

La strategia politica di Caterina nel conflitto tra Milano e Napoli

Lo Stato di Forlì e Imola, pur essendo di modeste dimensioni, occupava una posizione strategica cruciale nello scacchiere politico italiano. Nel 1492, la morte di Lorenzo il Magnifico e l’elezione di papa Alessandro VI Borgia segnarono l’inizio di un periodo di instabilità. Il nuovo pontefice, legato a Caterina per antiche frequentazioni a Roma e padrino di Ottaviano, sembrava inizialmente un alleato favorevole. La crisi politica esplose nel 1494, quando Carlo VIII di Francia invase l’Italia su invito di Ludovico il Moro, rivendicando il trono di Napoli. Caterina, consapevole dell’importanza strategica dei suoi territori, tentò di mantenere una posizione neutrale, nonostante le pressioni dello zio Ludovico e del cardinale Riario, schierati su fronti opposti.

Dopo un incontro con Ferrandino d’Aragona, figlio di Alfonso II di Napoli, Caterina decise di appoggiare Napoli, pur evitando di inimicarsi né Milano né il Papa. Grazie a questa abile strategia, riuscì a preservare la stabilità del suo dominio senza compromettere le relazioni diplomatiche con le potenze in guerra.

Il matrimonio segreto e la sanguinosa vendetta di Caterina

Dopo la morte di Girolamo Riario, si diffuse la voce di un possibile matrimonio tra Caterina Sforza e Antonio Maria Ordelaffi, che avrebbe placato le rivendicazioni della famiglia Ordelaffi su Forlì. Caterina, scoprendo le voci diffuse senza il suo consenso, fece arrestare i responsabili. Nel frattempo, Caterina si innamorò di Giacomo Feo, giovane fratello di Tommaso Feo, il fedele castellano di Ravaldino. I due si sposarono in segreto per non compromettere la tutela dei figli e il controllo dello Stato. Giacomo acquisì rapidamente un potere smisurato, gestendo le entrate, le milizie e la rocca di Forlì, al punto da essere temuto e odiato da tutti, inclusi i figli di Caterina.

Il 27 agosto 1495, Giacomo cadde vittima di una congiura a cui presero parte anche i figli della contessa. Sconvolta e accecata dalla rabbia, Caterina mise in atto una vendetta spietata, superando in ferocia quella inflitta ai cospiratori del marito Girolamo. Secondo le cronache, ordinò il massacro indiscriminato di donne, bambini e neonati appartenenti alle famiglie dei congiurati, fece squartare i corpi e ne espose i resti come monito. Questo atto di crudeltà segnò profondamente la reputazione di Caterina, che apparve agli occhi dei contemporanei come una donna capace di estreme atrocità pur di vendicare il proprio amante.

L’unione con Giovanni de’ Medici e la nascita di Giovanni dalle Bande Nere

matrimonio con Giovanni de' Medici
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Nel 1496, l’ambasciatore fiorentino Giovanni de’ Medici, detto il Popolano, giunse alla corte di Caterina Sforza. Esiliato in precedenza per la sua opposizione al cugino Piero de’ Medici, era rientrato a Firenze dopo la cacciata di Piero e la proclamazione della Repubblica. Tra i due nacque presto una relazione e, con l’approvazione dei figli e dello zio Ludovico il Moro, Caterina sposò Giovanni in terze nozze. Dal matrimonio nacque un figlio, chiamato Ludovico in onore del duca di Milano, che diverrà noto come Giovanni dalle Bande Nere, futuro celebre condottiero.

La situazione politica restava però tesa. Firenze e Venezia erano in conflitto. Caterina inviò un contingente guidato dal figlio Ottaviano e dal patrigno Giovanni per sostenere Firenze. Improvvisamente, Giovanni si ammalò gravemente e morì il 14 settembre 1498, con Caterina al suo capezzale. Poco dopo la sua morte, si diffuse a Milano la voce che Caterina volesse sposare Galeazzo Sanseverino, capitano generale di Ludovico il Moro. Sebbene il matrimonio non avvenne mai, molti sospettarono che la morte di Giovanni fosse stata accelerata per favorire questa nuova unione.

La difesa di Forlì e la nascita della “Tygre di Romagna”

Rientrata a Forlì per organizzare la difesa dei suoi domini, Caterina Sforza si impegnò personalmente nell’addestramento delle milizie e nella gestione delle risorse militari. Per reperire truppe e finanziamenti, si rivolse allo zio Ludovico il Moro e agli alleati, ottenendo però un supporto limitato. Ludovico inviò i condottieri Fracasso e Gian Francesco Sanseverino, ma il carattere irascibile del primo creò non pochi problemi, costringendo Caterina a scrivere allo zio per lamentarsi dei continui attriti.

Nel tentativo di mediare, Ludovico inviò a Forlì Giovanni da Casale, che conquistò rapidamente la fiducia di Caterina, tanto da essere nominato governatore delle rocche di Imola e Forlì. Nel frattempo, l’esercito veneziano, attaccò Forlì ma fu respinto con successo dalle truppe di Caterina. I veneziani aggirarono poi Forlì per dirigersi verso Firenze, lasciando la città devastata ma ancora sotto il controllo della contessa. Per il suo coraggio e la ferocia dimostrata in battaglia, Caterina iniziò ad essere chiamata “Tygre” nelle cronache dell’epoca.

La caduta di Forlì e la resistenza di Caterina Sforza

cesare borgia caduta di forlì
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Nel 1499, Luigi XII di Francia, rivendicando diritti sul Ducato di Milano e sul Regno di Napoli, invase l’Italia con l’appoggio di Venezia, dei Savoia e di papa Alessandro VI, che mirava a creare un regno per il figlio Cesare Borgia in Romagna. Ludovico il Moro, abbandonata Milano, si rifugiò in Tirolo, mentre l’esercito francese avanzava rapidamente. Caterina Sforza, rimasta isolata, fortificò la rocca di Ravaldino e inviò i figli a Firenze. Il 24 novembre, Cesare Borgia prese Imola con l’appoggio della popolazione e puntò su Forlì, che cadde il 19 dicembre. Caterina si asserragliò nella rocca, resistendo e rifiutando le proposte di resa.

Il 12 gennaio 1500, dopo giorni di assedio incessante, le mura di Ravaldino cedettero e la fortezza fu presa d’assalto. Caterina combatté fino all’ultimo, ma fu catturata insieme ai suoi uomini. Pur dichiarandosi prigioniera dei francesi per evitare la vendetta di Cesare Borgia, la sua resistenza fu celebrata in tutta Italia. Niccolò Machiavelli la descrisse come una “magnanima impresa”.

Di nuovo a Roma

Dopo la caduta di Forlì, Cesare Borgia ottenne la custodia di Caterina Sforza dai francesi. Quando l’esercito francese tornò a Milano per affrontare Ludovico il Moro, Cesare condusse Caterina a Roma. Alla fine di marzo 1500, Caterina tentò di fuggire ma fu scoperta e incarcerata a Castel Sant’Angelo. Papa Alessandro VI giustificò la sua detenzione accusandola di aver tentato di avvelenarlo con lettere intrise di veleno, spedite in risposta alla bolla pontificia che la privava dei suoi feudi. Nonostante un processo, le accuse non furono mai provate.

Il 30 giugno 1501, Yves d’Allègre, tornato con l’esercito francese per conquistare Napoli, ottenne la liberazione di Caterina. Prima di partire, però, dovette firmare la rinuncia ai suoi domini, ormai passati sotto il controllo di Cesare Borgia, proclamato duca di Romagna. Dopo un breve soggiorno nella residenza del cardinale Raffaele Riario, Caterina partì per Firenze, dove si ricongiunse con i figli.

La vita di Caterina Sforza a Firenze e la morte

A Firenze, Caterina Sforza visse nelle ville appartenute al marito Giovanni de’ Medici, lamentando difficoltà economiche e maltrattamenti. Avviò una lunga battaglia legale contro il cognato Lorenzo per la tutela del figlio Giovanni, che riottenne nel 1504. Con la morte di papa Alessandro VI nel 1503, Cesare Borgia perse il potere, aprendo la possibilità di restaurare i vecchi feudatari in Romagna. Sebbene il nuovo papa Giulio II si mostrasse favorevole al ritorno dei Riario su Imola e Forlì, la popolazione si oppose e il feudo passò ad Antonio Maria Ordelaffi.

Caterina, ormai priva di ogni speranza di riconquistare i suoi domini, si dedicò agli esperimenti alchemici, alla corrispondenza con amici e parenti e alla cura dei figli e dei nipoti. Nell’aprile del 1509 cadde ammalata di polmonite che sembrò superare, ma un improvviso peggioramento la condusse alla morte il 28 maggio, a 46 anni. Fu sepolta nel monastero delle Murate a Firenze, ma le sue spoglie furono disperse nel XIX secolo.

Gli amori di Caterina Sforza

Caterina Sforza fu nota per le sue numerose relazioni sentimentali, spesso con uomini di rango inferiore, soldati o sudditi di bassa estrazione sociale. Oltre ai mariti, altri amanti meno noti furono i fratelli Achille e Polidoro Tiberti, Francesco Fortunati, Ottaviano Manfredi, che Caterina vendicò brutalmente, e Bartolomeo da Cremona, detto Baccino, suo ultimo castellano. Anche Galeazzo Sanseverino, un uomo di straordinaria bellezza e favorito di Ludovico il Moro, fu considerato un possibile quarto marito.

Le voci sui suoi amori alimentarono leggende macabre, come quella dei pozzi con rasoi affilati in cui avrebbe gettato gli amanti sgraditi. Alcuni cronisti sottolinearono il suo temperamento passionale e la capacità di elevare i suoi favoriti a ruoli di rilievo politico e militare, rendendoli capitani, governatori o consiglieri.

Experimenti della excellentissima signora Caterina da Forlì

Caterina Sforza coltivò per tutta la vita una profonda passione per l’alchimia, l’erboristeria e la cosmetica, raccogliendo le sue conoscenze nel libro “Experimenti della excellentissima signora Caterina da Forlì“. Il manoscritto, composto da 471 ricette, contiene formule per curare malattie, preservare la bellezza e produrre cosmetici. Tra le sue ricette, alcune anticipano intuizioni scientifiche di secoli dopo, come l’uso del cloroformio per addormentare il paziente.

Le sue formule, ispirate a tradizioni orientali e a segreti tramandati nei monasteri e nelle corti, riflettono l’ideale di bellezza rinascimentale: pelle bianca e vellutata, capelli dorati e ricci, mani candide come avorio. Caterina si dedicò con costanza agli esperimenti chimici, collaborando con medici, scienziati e speziale come Lodovico Albertini, che le rimase fedele anche dopo la sua caduta.

I figli di Caterina Sforza

Caterina Sforza ebbe in totale otto figli da tre matrimoni.

Dal matrimonio con Girolamo Riario:

  1. Bianca Riario (Roma, 1478 – 1524). Sposò il condottiero Troilo I de’ Rossi, conte di San Secondo. Ebbe diversi figli ed è l’unica figlia femmina documentata di Caterina.
  2. Cesare Riario (Roma, 1480 – 1540). Divenne canonico della basilica di San Pietro e protonotario apostolico. Ebbe una carriera ecclesiastica.
  3. Ottaviano Riario (Forlì, 1482 – 1523). Erede designato del dominio di Forlì e Imola, fu esautorato dopo la caduta della madre. Ebbe vari incarichi, ma non riuscì a ristabilire il potere della famiglia.
  4. Giovanni Livio Riario (30 ottobre 1484 – 1498). Morì giovane.
  5. Galeazzo Maria Riario (18 dicembre 1485 – 1505). Anche lui morì giovane e non lasciò discendenza.
  6. Francesco Riario (1487 – 1504). Morto in giovane età.

Con Giacomo Feo

  • Bernardino Carlo Feo (1495-1509). Morì a soli 14 anni, nello stesso anno della madre.

Dal matrimonio con Giovanni de’ Medici

  • Giovanni de’ Medici (1498-1526). Meglio noto come Giovanni dalle Bande Nere, divenne un celebre condottiero al servizio dei Medici e fu il padre di Cosimo I de’ Medici, primo Granduca di Toscana.

Libri per approfondire

Caterina Sforza Leonessa di Romagna

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